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DIRIGENTE MEDICO UOC Urologia
Nuovo Ospedale S.Giuseppe - Empoli
Dottorato di Ricerca in Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e dell'Emergenza - Università di Pisa

Impianto o riposizionamento di sfintere artificiale nella donna

Definizione:
consiste nel posizionamento di un dispositivo che assolva alla funzione di controllo della continenza urinaria laddove lo sfintere uretrale non sia più in grado di provvedervi. Tale dispositivo, detto sfintere artificiale, è costituito da una cuffia, da una pompa che racchiude in sé, oltre che la pompa stessa, anche la valvola e la resistenza, e dal serbatoio.

Indicazioni:
il ricorso allo sfintere artificiale è indicato nelle pazienti incontinenti per problemi di deficit sfinterico, con vescica stabile, ma che conservino la capacità di mingere (nel caso dovessero ricorrere comunque ad un cateterismo intermittente potrebbe bastare in effetti la creazione di una adeguata resistenza uretrale, ad esempio con una sling) e non presentino alterazioni dell’alto apparato urinario che potrebbero aggravarsi, allorché si ristabilisse una continenza “artificiale”. Le stesse pazienti devono accettare l’eventualità che una rottura meccanica dell’apparecchio ne renda necessaria la revisione con un nuovo intervento chirurgico. Normalmente lo sfintere artificiale si usa solo quando le procedure a fionda non riescono a risolvere il problema e la paziente è fortemente motivata a risolvere la sua patologia.

Descrizione della tecnica:
nella donna la cuffia va posta attorno al collo vescicale: questo va isolato procedendo ad una incisione sovrapubica, all’apertura preventiva della fascia pelvica bilateralmente ed in alcuni casi (specie nei reinterventi) eseguendo una cistotomia che consenta una più agevole identificazione del collo stesso e dei meati ureterali. La maggior difficoltà sta comunque nell’esatta identificazione del piano posteriore al collo vescicale e all’uretra, anatomicamente virtuale. Posizionata la cuffia di lunghezza adeguata, la si collega con il tubicino che, risalendo nello spazio prepubico, raggiunge attraverso una tunnellizzazione sottocutanea la pompa, inserita in un grande labbro; un altro tubicino collega la pompa con il serbatoio, che viene alloggiato all’interno dell’addome o nello spazio paravescicale. Lo sfintere viene mantenuto disattivo per 4-6 settimane e successivamente attivato. Nei primi 5-6 giorni del post-operatorio è di regola una ritenzione urinaria per l’edema del collo e dell’uretra prossimale: viene lasciato per questo motivo un tubo epicistostomico fino a che si attiva il sistema.

Preparazione all’intervento:
indispensabile una profilassi con terapia antibiotica e, laddove necessario, antitrombotica; la depilazione è eseguita estemporaneamente nell’immediato pre-operatorio, accompagnata dalla disinfezione ripetuta della cute (uno dei pericoli maggiori è infatti l’infezione della protesi, che costringe alla rimozione della stessa e condiziona la possibilità di procedere ad un secondo impianto).

Durata dell’intervento:
in mani esperte la procedura non supera i 90’: condizionante in tal senso può essere l’operare su strutture già sede di precedenti interventi e l’attenzione da porre nella connessione dei diversi tubicini del sistema.

Tipo di anestesia:
generale, dovendo collocare il serbatoio in sede intraperitoneale, altrimenti è sufficiente la periferica.

Tipo e durata del ricovero:
la degenza può non superare, in assenza di complicanze, i 2-3 gg.

Risultati:
uno sfintere ben funzionante assicura quella resistenza di 61-70 cm H2O, che mantiene la paziente asciutta; lo si osserva nel 90-95% dei casi a breve termine, mentre tale percentuale diminuisce nel tempo per la verosimile atrofia dei tessuti all’interno della cuffia.

Vantaggi:
soluzione dell’incontinenza urinaria “grave” con dominio dei tempi minzionali.

Svantaggi:
complessità dell’intervento, incognita sul buon funzionamento del dispositivo nel tempo, necessità di posizionare un tubo epicistostomico per eventuali episodi intercorrenti di ritenzione urinaria da inadeguato funzionamento dello sfintere.

Complicanze:
le più gravi sono rappresentate da erosioni e/o infezioni, che dal 40% iniziale, sono scese all’8-13% dopo le innovazioni apportate allo sfintere. Esse richiedono sempre la rimozione di questo, che avrà poche probabilità di successo nel reimpianto stante l’elevatissima incidenza di erosioni ricorrenti nella stessa sede. Una revisione del sistema si ha tuttora attorno al 25-35% dei casi trattati in un follow up a medio termine. Alterazioni a carico dell’alto apparato urinario sono rare se si è ben studiata la situazione pre-operatoriamente; solitamente interessano pazienti con vesciche neurologiche, nelle quali è anche frequente (30%) il ricorso ad una citoplastica di ampliamento.

Attenzioni da porre alla dimissione:
prosecuzione della terapia antibiotica; terapia idropinica e mantenimento della pervietà del tubo epicistostomico, che andrà rimosso solo ad avvenuta attivazione dello sfintere (a 4-6 settimane dall’intervento). In caso di problemi di qualsiasi natura è opportuno contattare l’urologo.

Controlli:
eventuale rimozione dei punti di sutura entro i 6-7 gg. A 4 settimane programmazione dell’attivazione dello sfintere. Successiva valutazione clinica periodica del grado di continenza e dell’assenza di incovenienti nel corretto funzionamento della protesi, una volta che questa sarà attivata.

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